Dottor Lorenzo Ponziani

Protesi d’anca

Meno dolore e cicatrice a prova di bikini sono alcuni dei vantaggi, ma non gli unici, della tecnica mininvasiva per l’artrosi dell’anca.

Insieme a una sempre maggior conoscenza dell’anatomia dell’anca e all’evoluzione dei materiali usati per la realizzazione delle protesi, anche le tecniche chirurgiche sono cambiate. Negli ultimi 7 anni, le tecniche e gli accessi a risparmio di tessuti, note al pubblico come interventi mininvasivi, hanno segnato un cambiamento radicale nell’intervento di protesi dell’anca. “Mininvasità non va confusa con cicatrice corta” spiega Ponziani. “Infatti, anche in passato l’intervento di protesi d’anca per via laterale aveva una cicatrice non più lunga di 10cm, ma non era un intervento mininvasivo.

Per descrivere queste nuove tecniche, in vece, è più corretto il termine inglese tissue sparing surgery, cioè chirurgia a risparmio dei tessuti, ovvero una tecnica che permette di posizionare la protesi senza disinserire i tendini circostanti e senza ledere i tiranti muscolari che sono importanti per la stabilità della protesi.

È chiaro che è fondamentale che il chirurgo sappia posizionare correttamente la protesi anche in condizione di mininvasità” conclude l’esperto.

CHIRURGIA: MENO DOLORE, RECUPERO PIÙ RAPIDO, CICATRICE INVISIBILE

Risparmiando i tessuti e mantenendo integri i muscoli intorno all’articolazione, i vantaggi per il paziente sono visibili già subito dopo l’intervento.

“Senza dubbio il paziente sente meno dolore nel post operatorio e questo contribuisce a una ripresa più veloce perchè il paziente si alza prima dal letto, cammina prima senza i bastoni, fa meno ricorso a farmaci, ha una ferita chirurgica più accettabile. Alcuni pazienti, già in quarta giornata, vanno avanti e indietro per il reparto trascinando, più che appoggiarsi, ai due bastoni che dovrebbero servire ad aiutarli. Sono risultati diversi da quelli che ottenevamo prima con gli accessi standard. Con la via d’accesso anteriore, nella variante bikini” prosegue il direttore “eseguiamo l’incisione proprio nella piega dell’inguine e ciò rende la ferita invisibile anche quando le donne mettono il costume. Inoltre, una volta eseguita la riabilitazione, il paziente cammina normalmente ed è davvero difficile capire se quella persona ha una protesi d’anca.”

PROTESI: CAMBIANO I MATERIALI E CAMBIANO I PAZIENTI

Negli anni ’90 i pazienti che arrivavano a mettere una protesi erano anziani. Il chirurgo doveva scegliere di far aspettare il paziente prima di eseguire l’intervento perché i materiali delle protesi non garantivano una durata tale da ridurre il rischio di un successivo reintervento, chiamato revisione di protesi, dovuto all’usura della protesi stessa. “Considerando che negli anni ’90 l’aspettativa di vita era di 80 anni, attendere fino a 65 anni prima di sottoporre un paziente a intervento di protesi significava che, probabilmente, quell’intervento sarebbe durato per tutta la sua vita. Infatti, le protesi di allora avevano una durata di circa 15 anni, quasi la metà rispetto a quelle di oggi. Infatti, design degli steli della protesi e nuovi materiali di copertura che più facilmente si legano all’osso e si integrano ad esso in un processo chiamato osteointegrazione, rendono le moderne protesi più durature e quindi più adatte anche a pazienti giovani”.